Dalle 5 terre in America.
Storia della famiglia Rossignoli tra Monterosso e l'America Latina.
Testo di Stefano Lanza
Molto ricco è il “Fondo Rossignoli” al quale è stato potuto attingere, essendo formato da 106 lettere che dall’Argentina, tra il 1928 ed il 1980, hanno scandito i rapporti tra Domenico, partito diciannovenne per il paese sudamericano nel 1910, e la sorella Angela, titolare di un piccolo negozio di alimentari a Monterosso in provincia di La Spezia. Nella certezza che queste lettere siano una minima parte della corrispondenza tra fratello e sorella, esse però rappresentano, per l’omogeneità e l’ampiezza dell’arco temporale, una fonte di assoluto rilievo. Domenico fece solamente una volta rientro in Italia nel 1930 e quindi l’epistolario regala una visione chiara e reale dei rapporti tra un “emigrato definitivo”, la propria famiglia e la relazione con la comunità di origine.Le prime lettere di Domenico venivano indirizzate alla madre e, solo dopo la sua morte, alla sorella Angela che aveva continuato l’attività familiare di piccola commerciante. Il crescente interesse per la cultura di quelle che venivano definite “classi subalterne”, soprattutto nel periodo che va dall’unificazione nazionale alla I Guerra Mondiale, ha consentito agli storici di oggi, anche grazie alla creazione di istituzione quali l’Archivio Ligure di Scrittura Popolare, di poter consultare lettere e documenti che in non pochi casi hanno permesso di “rivisitare e sovente riscrivere” parti della storia del fenomeno migratorio.
Dall’epistolario del “Fondo Rossignoli” emergono con vivacità i tratti fondanti della cultura contadina, ancora a metà del guado tra scrittura e tradizione orale, con le lettere che, provenienti dall’altra parte del mondo, a detta di Angela, venivano lette a voce alta alla presenza di parenti ed amici e poi da questi diffuse verbalmente tra i vari conoscenti e componenti della comunità di Monterosso.
La lettura non solo di queste lettere, ma anche di quelle appartenenti a molti altri “Fondi”, ci fa riconsiderare, in alcuni casi, il fenomeno emigratorio non come semplicisticamente dettato da motivazioni economiche, ma più realisticamente come frutto di una “strategia” pianificata non solo dai singoli ma più estesamente da nuclei familiari tra loro imparentati se non da intere comunità e gruppi sociali. Gli emigrati non scelgono più casualmente la propria destinazione, ma anzi decidono scientemente ove recarsi sapendo che al loro arrivo troveranno dei parenti, degli amici, dei compaesani che faciliteranno loro l’inserimento lavorativo, abitativo e sociale.
Ne consegue che l’acquisizione di documenti privati come le lettere consente di riuscire a cogliere con maggior e miglior immediatezza questo insieme di relazioni che altrimenti risulterebbero essere sottostimati dalle “Fonti” istituzionale e pubbliche. Domenico Rosignoli, nato nel 1891, era l’unico figlio maschio sopravvissuto di Nicola, di professione pescatore marinaio, e di Brigida Alzari, contadina; dopo di lui nascono quattro figlie ed Angela è la minore.
Già le generazioni precedenti avevano visto Monterosso interessato da un forte fenomeno migratorio, avente come destinazioni privilegiate le regioni di Buenos Aires e Rosaio in Argentina, San Paolo in Brasile, Santiago del Cile, la California, il Transvaal e Città del Capo. Altri parenti di Domenico avevano preso la strada delle Americhe, il fratello ed il cugino del padre rispettivamente verso Rosario (ove aprì il primo bar italiano) e Santa Isabel nella provincia di Buenos Aires, uno zio materno verso il Brasile ed un cugino sempre materno verso Fortin Tiburcio, a 310 Km. da Buenos Aires, ove aveva impiantato una considerevole attività commerciale.
Domenico trovò lavoro come scalpellino nella cava di pietre di Punta Mesco, mentre il padre Nicola era quello che veniva definito una “golondrinas” ovvero una “rondine” in quanto regolarmente ogni anno, fino alla sua morte nel 1917, per via della inversione delle stagioni, alternava il lavoro come contadino in Argentina a quello come pescatore di acciughe a Monterosso. Nicola di fatto era un assiduo pendolare ante litteram sulla rotta Genova – Buenos Aires.
I cambiamenti di lavoro di Domenico sono tutti dovuti ai legami parentali, facendolo diventare dapprima barista presso il bar di Rosario dello zio e di cui sposa Geronima, una delle figlie e quindi sua cugina di primo grado, ed infine magazziniere, mansione che svolgerà per il resto della vita, a Fortin Tiburcio, presso l’attività di Girolamo Alzari, a lui imparentato per via materna ed anche marito di una sorella di Geronima.
Risulta fin troppo chiaro come gli incroci parentali e di provenienza geografica avessero decisamente influenzato anche le scelte sentimentali, facendo emergere una caratteristica tipica del ligure, ossia la diffidenza verso l’estraneo e i cambiamenti radicali di mentalità. Per tutta la vita Domenico mantenne contatti non solo con la sorella Angela, ma anche con la famiglia Alzari e con i parenti ed amici monterossini in patria o emigrati in Argentina a Junin, Santa Isabel, Rosario e Buenos Aires.
L’epistolario del “Fondo Rossignoli” ci permette di esplorare anche tematiche particolari e caratteristiche dell’attaccamento del ligure al paese natale, ma spesso anche agli interessi economici lasciati in gestione a parenti o persone di fiducia.
Il parente americano rappresenta però anche una fonte di sostentamento per i familiari lasciati in patria, con l’invio di rimesse in denaro o di beni di conforto come caffè, cacao, zucchero , matasse di lana che, nell’Italia del secondo dopoguerra, erano beni quasi introvabili; per ovviare ai frequenti smarrimenti dei pacchi, la comunità monterossina istituì un servizio postale “parallelo”, affidando gli invii a persone di fiducia che facevano ritorno al paese.
Domenico, nonostante le distanze, desidera mantenere il suo ruolo di capofamiglia e comunque di fratello maggiore, consigliando, nello scorrere dei decenni, prima la madre e poi le sorelle, su vari argomenti che potevano andare dalle scelte sentimentali, alla soluzione di problemi legati alla salute, a quelle molto più prosaiche relative alle vendite di attività o terreni e alla definizione della spartizione dei beni familiari ancora indivisi.
Tra gli anni ’40 e gli anni ’50 del XX secolo le lettere inviate assumono toni a volte minacciosi alternati a missive decisamente concilianti, tutte aventi però lo scopo di arrivare ad una rapida soluzione nella divisione dei beni paterni e materni a cui avevano diritto sia le sorelle che altri nuclei familiari imparentati con i Rossignoli, cercando nel contempo di mantenere una almeno apparente armonia e concordia.
Il fatto che la destinataria delle lettere fosse esclusivamente la sorella Angela, la più piccola, fa presupporre che la relazione con le altre tre sorelle ed i parenti restati in Italia si fossero deteriorati per motivazioni legate alle eredità, con Domenico, residente all’altro capo del mondo, preoccupato sia di dover ricorrere al tribunale per tutelare i propri interessi che di perdere i rapporti con la famiglia.
Le lettere dei due decenni successivi evidenziano la lunghezza della contesa tra i vari parenti, fino a che, negli anni ’70, il nodo della divisione patrimoniale viene superata e non si fa più cenno ai conflitti familiari; Domenico in questi anni ha superato l’ottantina e nelle sue lettere evita accuratamente di assumere il ruolo di consigliere per le sorelle come aveva fatto pervicacemente nel passato. Anzi le comunicazioni sono molto più generiche, con relazioni sullo stato di salute e le attività dei parenti in Argentina, con la continua richiesta di ragguagli sulle trasformazioni intercorse a Monterosso. La sensazione del passare del tempo porta Domenico a cedere ai sentimenti per la consapevolezza di stare per raggiungere l’ultimo traguardo, ma in lui resta fortissimo il desiderio di difendere fino all’ultimo i rapporti con la famiglia di origine. Emblematica e commovente è una delle ultime lettere inviata alla sorella Angela: “ Ti posso dire che tutti i giorni ti ricordiamo ….. via via i giorni fuggono, però così non fugge l’affetto, sempre è il medesimo al contrario stretto”.
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