Una suora di frontiera.
Vita, opere e viaggi di Madre Francesca Rubatto.
Testo di Stefano Lanza
Le origini
La Beata Madre Francesca Rubatto, nata Anna Maria Rubatto è figlia di Giovanni Tommaso e Pavesio Caterina. La famiglia, pur non potendola definire povera, era di condizione economica modesta, con il padre “stallaio” e la madre casalinga. Il padre morì nel 1848 lasciando la moglie e sei figli in giovane età, di cui un solo maschietto. Caterina divenne cucitrice ed insegnò il mestiere alle due figlie più grandi. Dell’infanzia e dell’adolescenza di Anna Maria, chiamata in famiglia Marietta, si sa poco, sia per la naturale riservatezza della futura Beata che per il fatto che si iniziarono a raccogliere dati su di Lei soltanto 20 anni dopo la morte. La madre Caterina, dopo aver accasato le figlie maggiori, convola a seconde nozze con tal Antonio Fiorito. Anna Maria fece già in giovane età voto di verginità e castità, rifiutando, col passare degli anni, la corte assidua di un ricco notaio. Il percorso scolastico si esaurì, cosa già notevole a metà dell’ottocento, con le elementari.
La descrizione caratteriale di Marietta era “fanciulla obbediente, laboriosa e dedita al sacrificio” e si dimostrò figlia affettuosa nei confronti della madre, tanto che la di lei morte il 2 Giugno 1863 fu, nella sua tragicità, un grave colpo per la futura Beata.
Torino, tra il 1863 ed il 1882
Alla morte della mamma, Marietta si trasferì a Torino dalla sorella Maddalena: fu adottata da quella città, città che Lei riteneva la “Sua Patria”. Il percorso verso la “beatitudine” di Marietta iniziò con l’iscrizione alle “Conferenze di San Vincenzo de’ Paoli”, i cui membri prestavano assistenza negli Ospedali e nelle soffitte e case più povere. La sua opera di volontaria laica fu grandemente apprezzata in quella Torino che, scombussolata dalla nascente Rivoluzione Industriale e dalla trasformazione in corso da Capitale del Regno di Piemonte a Capitale del Regno d’Italia, aveva perso molti dei tradizionali punti di riferimento sociali ed economici. Marietta fu inoltre molto apprezzata sia per la forza della fede che per l’instancabile attività anche da San Giovanni Bosco, il Santo dei giovani, il quale ne tesseva grandi elogi e che ne aveva previsto il futuro come fondatrice di un ordine religioso.
Il carattere gioviale ma allo stesso tempo deciso portarono Marietta a dedicarsi con sempre maggior impegno nelle opere pie. Indicativamente cinque anni dopo il suo arrivo a Torino si trasferì dalla casa della sorella a quella della Nobil Donna Marianna Scoffone vedova Costa. Questa, rimasta vedova a ventidue anni, prese a benvolere Marietta, tanto da lasciarle una rendita annuale di lire 400 e un posto nella tomba di famiglia; conoscendo la generosità della futura “Beata” era però solita verificare la destinazione e l’ammontare delle donazioni, anche correndo il rischio di apparire eccessivamente parsimoniosa, quasi al limite della avarizia.
Marianna Scoffone, nel testamento, espresse chiaramente il dubbio che alla sua morte il suo patrimonio sarebbe presto stato consumato. Morì, benestante, il 26 Dicembre 1882 all’età di 77 anni, dando indicazioni per lasciti consistenti per le opere pie e come erede universale, non avendo ella figli, la “Piccola Casa” del Cottolengo.
Intermezzo (1883)
I mezzi messi a disposizione come lascito testamentario dalla Marianna Scoffone-Costa consentirono a Marietta di intensificare le opere di beneficenza, benché non tutte le problematiche fossero facilmente superabili, se non grazie ad un impegno grandissimo e costante. Dopo la morte della sua benefattrice, Marietta tornò (ma il dato non è certo) a vivere con la sorella Maddalena, coniugata Tuminetti.
I coniugi Tuminetti erano soliti trascorrere la stagione estiva a Loano per “fare salubri bagni marini ed asciugare l’umidità accumulata negli inverni torinesi”. Ad essi si univa anche Marietta che viene ricordata da Maria Pisano, divenuta poi Madre Angelica dell’ordine delle Suore Cappuccine, con queste parole: “La vedevo ogni mattina, sola soletta, venire alla Chiesa dei Padri Cappuccini, vestita pulita, ordinariamente di nero, per sentire messa e fare la santa Comunione”. Evidentemente i suoi comportamenti ed il rigore morale erano gli stessi sia a Torino che in luogo di villeggiatura come Loano. Pur continuando anche in villeggiatura le sue attività benefiche, la futura beata si dedicò anche ad opere educative, prediligendo, tra i tanti, i pescatori del luogo , instancabili e pervicaci bestemmiatori.
“Non bestemmiate più e pregate Dio che vi benedirà la pesca”. Riteneva che quegli uomini, avvezzi alla fatica per ottenere un ben misero guadagno, fossero fondamentalmente gente buona seppur rozza ed ignorante. “Sono gente abbandonata a se stessa e di cui nessuno si cura”. Soleva trattenersi con loro quando tiravano a terra le barche, quando mettevano i pesci all’incanto o quando rattoppavano le reti.
Diceva che anche Gesù si circondò di persone che svolgevano questo lavoro massacrante; per tutti loro e per i loro familiari aveva una parola buona, donava piccole somme di denaro ed inoltre si occupava della educazione, soprattutto religiosa, dei figli. Per questo veniva chiamata la “buona Signora”.
All’epoca, nel 1883, la Marietta era una matura signorina quasi quarantenne, non bella, ma di modi e possibilità signorili, che frequentava quotidianamente la chiesa e che non pensava più di farsi suora.
Fu proprio in quel periodo che, su iniziativa di Maria Pisano e di Marietta Elice, fu iniziata la costruzione di una casa che tutti presero a chiamare “il Conventino”, ove avrebbero trovato alloggio le “Suore Terziarie Cappuccine”, nuovo Ordine che avrebbe dovuto vestirsi con il saio Cappuccino.
La Marietta Elice loanese costruiva e cercava la Superiora, mentre la villeggiante Marietta torinese tutti i giorni, per recarsi in Chiesa, passava davanti al “Conventino” in costruzione senza immaginare come sarebbe andata a finire. Ma questa è un’altra storia che svilupperemo in seguito.
Un “SI’” sofferto e pieno di incognite.
All’avventura loanese (1883-1884)
Si narra che, durante la costruzione del “Conventino”, dalle impalcatura caddero della scaglie; una di esse colpì alla testa un manovale, mentre un’altra colpì …… il cuore di una pia signorina torinese “soletta” che era di passaggio.
In occasione di un atto di carità, la Marietta loanese e la Marietta torinese, diventate già ottime amiche, incontrarono la seconda Madre generale delle Cappuccine che, colpita dalle loro doti, propose alla futura Beata di incominciare la piccola comunità come “fondatrice” (anche se in un atto venne usato il termine cofondatrice).
La Marietta torinese, spaventata dalla proposta, inizialmente ricusò, ritenendo tutto ciò un salto nel buio. La Marietta Rubatto temeva soprattutto se stessa, che i suoi quarantanni e il non essere mai stata in una comunità le avrebbero impedito di formare lo spirito religioso delle giovani aspiranti.
Altra preoccupazione della Marietta torinese era la preoccupazione di comunicare alla sorella Maddalena ed al cognato la decisione di andare in convento, prevedendo una grandine di improperi, di contraddizioni e di biasimi. E fu proprio quello che accadde con l’aggiunta di commenti persino acidi sui suoi quarantanni e sulla difficoltà di fondare una comunità, lontano da Torino, tra gente sconosciuta sia per tendenze che per carattere. Nonostante l’iniziale avversità della famiglia, la Marietta torinese fu successivamente aiutata generosamente sia dalla sorella che dal cognato.
I contrasti e le perplessità covavano non solo all’interno della famiglia di Marietta, ma anche e soprattutto tra i frati cappuccini, i quali si chiedevano come si sarebbe potuto nominare “Superiora” una signorina che non era mai stata in convento.
Fu decisivo l’intervento di Padre Angelico da Sestri Ponente, “uomo non di mezze misure” che testualmente disse: “E’ volontà di dio che lasciate tutto e che veniate a Loano”. A seguito di ciò, nel 1884, uscì un atto che riportava: “Filippo Allegro, per grazia di Dio e della Santa Sede Apostolica, Vescovo di Alberga ….informati che nella città di Loano di questa nostra Diocesi sta per fondarsi una casa di Suore religiose Terziarie Cappuccine allo scopo di prestare assistenza agli infermi a domicilio e di istruire nella Dottrina cristiana le povere figlie del popolo …. Richiesti di concedere alle pie Aspiranti il permesso di raccogliersi insieme nella nuova casa loro preparata …. Permettiamo e concediamo di prepararsi nel Santo Ritiro e nella vestizione religiosa ….”.
Questo atto, è doveroso ricordarlo, venne emesso quando ancora incerto il numero delle aspiranti e che, soprattutto, la Superiora designata era ancora non sicura sulla decisione da prendere. Tra i frati cappuccini liguri esisteva l’usanza di celebrare due Sante Messe, con relative intenzioni di loro scelta, senza riceverne stipendio.
Padre Bonaventura da Peveragno invece che due ne celebrò tredici: in quella dell’8 Agosto 1884 l’intenzione fu: “Acciocchè l’egregia signora Maria Robatti si decida secondo lo Spirito Santo ad abbracciare lo stato religioso ….” Ed in quella del 9 Agosto 1884 “Acciocché la signora Maria Elice possa ottenere dal Cielo il validissimo soccorso nella persona al tutto rispettabile dell’illustrissima signora sopraccennata Robatti Maria nell’opera sovraumana di fondare in Loano una casa di religiose Terziarie cappuccine di San Francesco…”.
Con “intenzioni” di tal tenore ed insistenza la Marietta futura “Beata” prese la decisione di tornare a Torino per chiedere conforto e consiglio ai suoi padri confessori e consiglieri spirituali, i quali le tolsero i rimanenti dubbi.
Marietta Elice ebbe a scrivere: “Benedico incessantemente il signore che in modo sì soave insieme e sì forte, come fa sempre, abbia ottenuto …. quello che nessuno
mai avrebbe osato pur solo sognare ….”.
Il 15 Dicembra 1884, data in cui sta per iniziare la novena di Natale, vi è il definitivo arrivo di Anna Maria Rubatto, con armi e bagagli, dando così il senso di aver bruciato dietro di sé tutti i ponti.
Il primo nominativo del nascente ordine sarebbe infatti stato: “Rubatti Anna Maria … nata Carmagnola …. Maria Francesca di Gesù …Madre Superiora …” ed il 23 Gennaio 1885 vi fu la vestizione delle Terziarie Cappuccine.
Il forte noviziato loanese (1885-1886)
L’inizio non fu semplice e Maria Pisano espresse forti dubbi sulla capacità della Superiora nel formare delle giovani alla vita religiosa e sulla organizzazione degli interventi esterni di assistenza ai malati e della attività catechistica.
Oltre a ciò, o per gelosia o per qualche altro recondito motivo, i rapporti tra le due Mariette si deteriorarono, con la Elice che non perdeva tempo nel boicottare le iniziative della Rubatto.
A questo riguardo, Padre Bonaventura fece un’altra messa con “intenzione” “Acciocché la Molto Reverenda Madre Suor Maria Francesca di Gesù, Superiora del nuovo istituto, riceva conforto nelle amare sue pene”.
La forte tempra della Madre Superiora ed il suo infaticabile attivismo resero i timori ben presto superati, così come le dicerie ed i pettegolezzi per la forte dedizione verso la comunità dei pescatori.
L’orizzonte si allarga, ma il “noviziato” continua (1886-1891)
Il 9 Dicembra 1886, anno successivo alla fondazione, le suore ricevettero dalle autorità della Città di Voltri una nuova casa e, anche in Loano, acquisirono un più spazioso locale ed un più ampio terreno vicino alla Chiesa.
Madre Maria Francesca di Gesù, fin da subito, si pose come primo obiettivo quello di uscire da Loano ed allargare il proprio campo alla ricerca di nuove vocazioni e come secondo quello di trovare in Loano una nuova residenza (che sarà la “Villa dell’Angelo”) per liberarsi dalla schiavitù del “Conventino” e quindi anche dei ricatti della Marietta Elice che del “conventino” era proprietaria avendolo costruito su propri terreni ed a proprie spese. C’è comunque da sottolineare che la Marietta Elice, mai diventata una novizia, in nessuna occasione, se non qualche mugugno, chiese soldi per l’affitto e le spese generali.
Nei quattro anni successivi al 23 gennaio 1885 vi furono cinquantatre “vestizioni”.
Quasi contemporaneamente alla nuova sede loanese nella “Villa dell’Angelo”, venne trovata anche una nuova abitazione in Genova, in Salita della Rondinella.
In pochi mesi venne aperta una abitazione del nuovo Ordine, con relativo ricovero per i bisognosi, a Sanremo ed immediatamente dopo un’altra a Porto Maurizio, il tutto mentre anche le vocazioni e le “vestizioni” si moltiplicavano.
Nel gennaio 1890 anche a Levanto, nella riviera di levante e non di ponente come sempre accaduto in precedenza, fu inaugurato “l’Ospedale Civile”.
Inizia l’avventura americana (1892-1894)
I frati cappuccini già negli anni ’60 dell’ottocento avevano iniziato la loro opera missionaria in Sud America. Nel 1867 avevano fondato una Prefettura in Brasile, nel 1878 un’altra in Cile e nel 1881 giunsero a Montevideo in Uruguay.
Padre Emilio, vista l’enorme mole di lavoro, chiedeva in continuazione a Roma l’invio di nuovi missionari. A sorpresa da Roma gli venne comunicato che sarebbe stato bene che si fondasse una Provincia monastica. Oltre a ciò venne indicata una chiara preferenza, al fine di creare un “missionariato monastico” in Sud America, il nuovo Ordine nato nella “Provincia Cappuccina” di Genova.
Padre Angelico, che molto aveva contribuito alla nascita del nuovo Ordine monastico della Superiora Madre Maria Francesca del Gesù, partì per Montevideo il 31 Maggio 1891. Il successivo 1’ Ottobre scrisse per informare Madre Francesca che l’impresa di portare le suore in un Ospedale italiano in procinto di essere aperto a Montevideo per il momento non era andata in porto. A quel tempo il numero delle suore era aumentato fino a raggiungere, considerando tutte le case, il considerevole numero di novanta.
Con grande sorpresa, il 28 Aprile 1892, si presentò presso la Casa di “Salita delle Turchine” lo stesso Padre Angelico comunicando che le suore da designarsi avrebbero dovuto imbarcarsi il 3 Maggio 1892 (quindi solo cinque giorni dopo) sul vapore “Duchessa di Genova” con destinazione Montevideo. I posti erano già stati prenotati e pagati. Vennero prescelte le suore per il gran salto; oltre alla Superiora Maria Francesca vennero designate Suor Maddalena da Sestri, Suor Annunziata da Voltri e Suor Gaetana da Savona.
All’alba del 24 Maggio 1892, solennità dell’Ascensione, le suore sbarcarono in Uruguay. Immediatamente ebbero a che fare con lotte interne alla Curia e dovettero fare i conti anche con la non celata ostilità dell’Arcivescovo Monsignor Soler, molto risentito per non essere stato avvisato del loro arrivo.
Grazie al decisivo intervento di Padre Angelico, di Padre Antonio Garriga, Superiore del Collegio dei Gesuiti, e dei Salesiani, il veto ad operare delle suore emesso da Monsignor Soler venne tolto e quindi iniziarono a prestare il loro servizio presso l’Ospedale. Il lavoro delle suore non era poco, avendo la direzione della cucina, delle corsie e del guardaroba.
La fama delle Suore Terziarie Cappuccine di Montevideo si diffuse rapidamente, tanto che l’Ospedale di Santa Fè in Argentina, fondato da massoni ed intitolato non casualmente a Giuseppe Garibaldi, richiese la loro opera, tra l’altro a condizioni economiche piuttosto vantaggiose. Come base operativa in Argentina fu prescelta la città di Rosario, distante centinaia di chilometri da Montevideo. Madre Maria Francesca non vide altra soluzione se non richiedere il 3 Dicembre 1892 l’invio di forze fresche, ovvero altre sei suore cappuccine Missionarie del suo Ordine, che si imbarcarono sullo stesso piroscafo “Duchessa di Genova”. Il loro nome era: Suor Geltrude (la prima ad arrivare a Loano nel 1884), Suor Felicita, Suor Marianna, Suor Elisabetta (più tardi conosciuta come Isabel), Suor Battistina e Suor Chiara. Arrivarono a Montevideo il 26 Dicembre 1892 e due giorni dopo erano già in viaggio per raggiungere Rosario.
Madre Maria Francesca di Gesù prende con sé Suor Gaetana, che aveva già acquisito una buona pratica nell’Ospedale di Montevideo, Suor Felicita, Suor Isabel, Suor Marianna e Suor Chiara. La responsabilità dell’Ospedale di Montevideo passa dalla Madre a Suor Gertrude. Dopo un viaggio verso nord particolarmente disagiato, con tappa intermedia a Buenos Aires e reso ancora più difficoltoso per il gran caldo, giunsero finalmente a Rosario ove furono accolte in modo trionfale.
In attesa che fossero ultimati i loro alloggiamenti presso l’Ospedale, venne loro proposto di alloggiare in un albergo molto confortevole. Madre Maria Francesca ritenne che tutta quella opulenza fosse chiaramente in contrasto con il voto di povertà fatto all’atto della vestizione, chiese quindi di essere esentate sia dalla cena che era stata loro offerta sia dall’alloggiare in albergo. Prese le loro poche cose, le suore si avviarono verso l’Ospedale dove alloggiarono nel modo che fu loro possibile.
L’Ospedale “Giuseppe Garibaldi” venne inaugurato il 20 Gennaio 1893.
Durante quel 1893 tre suore si ammalarono e di conseguenza Madre Maria Francesca fu impegnata in un continuo andirivieni tra Montevideo e Rosario. Solo una suora poteva ancora lavorare e così Madre Francesca chiese aiuto ai “figli di Don Bosco”. Fu in quella occasione che si avverò una delle profezie di San Giovanni Bosco, il quale anni prima disse alla futura Beata: “Non aver paura Mariettina, perché se qualche volta alla tua Congregazione mancherà il pane, glielo daranno i Padri salesiani”. Il 2 Aprile 1893 arrivarono altri rinforzi dall’Italia, nelle persone di Suor Pietrina Merello da Voltri, Suor Pia, Suor Gregoria e Suor Filippa Penasso.
Altre suore arrivarono inUruguy ed Argentina, ma sovente la quantità non era pari alla qualità. Fu così che Madre Maria Francesca, anche a seguito di sollecitazione del vescovo di Alberga Monsignor Allegro per un suo pronto ritorno in patria “per non lasciare troppo orfane le sue figlie primogenite”, decise che, per avere delle valide suore missionarie, le avrebbe dovuto scegliere personalmente.
Fu così che il Capitano Marcazzini del solito vapore “Duchessa di Genova, il 5 Marzo 1894 andò di persona a prendere la Madre per imbarcarla sulla via del ritorno.
Giunse a Genova il 1’ Aprile 1894.
Arrivata, scoprì con grande sorpresa che la casa di Salita delle Turchine, assai malandata ed ammorbata da una epidemia di scarlattina per la quale morì anche una suora, era stata trasferita in un caseggiato collocato tra Via Caffaro e salita Inferiore Sant’Anna. Il tutto grazie alla munificenza del Sig. G.B. Lavarello, il quale aveva acquistato l’immobile per 120.000 lire ed al contributo di lire 8.800 fatto dalle suore stesse per gli adattamenti vari. Quella costruzione, ancora ai giorni nostri, è la Casa generalizia delle suore cappuccine di Madre Rubatto. Il Lavarello morì e gli eredi si dimostrarono piuttosto restii ad abbuonare alle suore la somma di 120.000 lire.
La provvidenza prese i panni del Marchese Carrega, uomo che aveva la fama di essere oltremodo tirchio. Essendo caduto in prostrante malattia, fu accudito per più di due anni dalle suore, senza che queste chiedessero alcun compenso. Una volta ristabilito saldò il debito, interessi compresi verso gli eredi del Lavarello.
Intanto a Loano la diatriba tra la Marietta Elice e l’Ordine monacale stava arrivando a conclusione. Il trasloco dal “conventino” alla “Villa dell’Angelo” era concluso e Monsignor Allegro, Vescovo di Alberga, sottoscrisse la “rinunzia al diritto d’affitto” derivante dall’Atto Notarile dell’8 Luglio 1885.La Marietta Elice, con pagamento di lire 1.050, rientrò nel pieno possesso della casa.
Madre Maria Francesca dovette affrontare un’altra enorme difficoltà; le suore erano restie ad andare in America e la stessa Madre Angelica, una delle prime compagne della Fondatrice, interpose mille scuse per non accompagnarle. Fu così che Madre Maria Francesca si accollò anche questo compito e si apprestò al suo secondo viaggio. La data della partenza fu stabilita per il 15 Agosto 1894.
Ma il cuore oramai era là.
Il secondo viaggio (1894-1897)
Il Capitano del piroscafo del secondo viaggio verso Montevideo era lo stesso che comandava il “Duchessa di Genova” nel primo viaggio di ritorno in Italia di Madre Maria Francesca, ovvero tal Lavarello di Recco. Arrivati a Barcellona, poiché non vi erano più posti in seconda classe per accogliere tutti i passeggeri, il Capitano fece spostare le suore dalla seconda classe alla prima. La comitiva cappuccina giunse a Montevideo il 4 Settembre 1894 e incredibilmente, cosa inusuale per quei tempi (ed anche per i nostri) arrivò con due ore di anticipo, tanto che nessuno venne ad accogliere le suore. Quasi immediatamente la Madre partì per Rosario portando con sé due delle nuove arrivate, ma appena giunta in città si ammalò e dovette delegare alcuni compiti alle sorelle più affidabili. Ma l’andirivieni della Madre non era terminato; a Montevideo si ammalò Suor Gertrude e allora, con grandissimo sforzo, raggiunse nuovamente la città uruguagia. La scarsissima disponibilità economica indusse la Marietta torinese a ricordarsi degli insegnamenti ricevuti in gioventù; con l’aiuto di donazioni ed il sostegno non solo morale dei Frati cappuccini e dei Gesuiti affittò due case adiacenti “igieniche e salubri” allo scopo di installare un laboratorio ove si faceva di tutto, con la particolarità del confezionamento di fiori artificiali, che era la specialità della Madre. Enne inoltre creata una scuola di ricamo per giovinette di più di sedici anni ove, oltre al lavoro, si forgiava anche il cuore e lo spirito attraverso la lettura di libri religiosi. Superando molte difficoltà, tra cui la covante gelosia di altri Ordini monastici, le suore cappuccine di madre Rubatto aprirono tre scuole di Catechismo nelle località Nuevo Paris, Paso de la Arena (nella villa del signor Francesco Schiaffino e Pantanoso, Queste località distavano da Montevideo circa un’ora di cammino.
Dato il successo ottenuto venne loro chiesto di aprire un’altra scuola a Barra Santa Lucia, nota soprattutto per essere il più grande “matadero” della provincia. Le “suorine”, per raggiungere quella località, dovettero affrontare molti sacrifici, svegliarsi alle tre e mezza di notte per poter celebrare la Santa Messa delle quattro nella Parrocchia del Cordon, fare digiune venti minuti di corsa per prendere la tranvia a cavalli e finalmente salire sull’unico treno per Barra Santa Lucia nel quale viaggiavano appunto solo le suore e operai del “matadero”. Gli addetti del “matadero” erano più interessati a scannare le bestie che a curare la propria anima, ma la perseveranza della Madre e delle “suorine” portò un giovane a diventare sacerdote e due ragazze a divenire religiose. Nel giro di pochi anni tutta la popolazione di Barra Santa Lucia fu “cristianizzata”.
Il 1896 vede gli sforzi della Madre concentrarsi sulla Casa di Nuevo Paris-Belveder; quella casa ebbe una importanza tale che i suoi resti mortali non trovarono, anni dopo, migliore sede che quella. In quel luogo trovò in seguito spazio anche una Casa di formazione per le “vocazioni native”, una scuola-laboratorio ed una scuola di Catechismo, principalmente dedicata alle giovinette e avente lo scopo di “ritirarle dalla strada”.
La scarsa collaborazione ricevuta dall’Italia da parte di alcune personalità della gerarchia cappuccina, indusse la Madre a far ritorno in patria, ove giunse il 22 Ottobre 1996. Subito dopo il suo arrivo, il giorno 26 Ottobre, fece visita alle suore della case filiali, dopo di che andò a trovare a Torino la sorella Maddalena, addoloratissima per la dipartita del marito, il Cav. Giuseppe Tuninetti.
In Italia la Madre non smise la sua febbrile attività, con le preoccupazioni divise tra le Case in Italia e le Case in Sud America. Il 2 Febbraio 1897 accompagnò alcune suore a Santa Margherita Ligure per iniziare l’attività di assistenza presso il ricovero per Anziani. Durante questa permanenza in Italia ci fu posto anche per un viaggio a Roma ove fu ricevuta dal Papa Leone XIII e dalla “piemontese” regina Margherita di Savoia.
Inizia anche l’avventura brasiliana.
Il terzo viaggio (1897-1899)
Il 26 Maggio 1897 Madre Rubatto comunica al Padre Generale dei Cappuccini la partenza per il Sud America, assieme a undici suore, il successivo 1’ Giugno 1897.
Si imbarcarono su un piroscafo della compagnia “Generale” che aveva come Capitano il solito Lavarello di Recco. Il 27 Giugno la Madre partì per Rosario, assieme a cinque suore, per colmare in tal modo la carenza di “personale”.
L’età, per l’epoca piuttosto avanzata, della Marietta torinese e gli sforzi fisici e mentali, minarono la salute della Madre, tanto che il Vescovo di Alberga quasi le impose un sollecito ritorno a Genova. Ma oltre a capire l’importanza della sua presenza per il consolidamento religioso e materiale delle Case fondate in Urugay ed Argentina, si aggiunse, quasi incidentalmente, la notizia dell’apertura di una missione in Brasile. Tanto bastò a farla diventare, pur nel dovere dell’obbedienza, furbescamente dilatoria sulla possibilità di un rientro in Italia.
Intento, nel 1898, il numero delle suore cappuccine aveva raggiunto il ragguardevole numero di cinquanta, di cui dieci native.
Il 15 giugno 1898 la Madre ricevette l’esortazione da parte di Padre Rinaldo de Paullo, cappuccino lombardo della Missione di “San Luis do Maranhao” riguardante l’invio di sei suore che si occupassero della educazione religiosa e non delle giovinette indigene di San Josè da Providencia. La prima preoccupazione fu far rilevare e soprattutto intendere alle alte gerarchie in Italia che la “coperta” era corta. Se avesse inviato sei consorelle in Brasile, avrebbe avuto problemi in Urugay ed Argentina. Come al solito richiese nuove suore, possibilmente già pronte ad affrontare l’impegno ed i relativi disagi, e come al solito non ottenne immediato riscontro. Avrebbe, come sempre, dovuto pensarci la Divina Provvidenza.
Comunque, alla lettera di Padre Rinaldo, la Madre rispose affermativamente, cautelandosi solo di chiedere un parere ai suoi superiori. Le fu consigliato di scegliere per quella missione delle suore native sudamericane in quanto, più delle altre, abituate ai luoghi e alle persone. Venuto a conoscenza del progetto, lo stesso Vescovo di Alberga “benedisse” la nascente missione pur senza dimenticare (evidente caparbietà dei religiosi) di invitare Madre Rubatto a far ritorno in Italia.
Le prime volontarie per la nascente della missione brasiliana furono Suor Gaetana Lanza da Savona, Suor benedetta Isetta da Arenano, Suor Eleonora Tassone da Peveragno, Suor Agnese Colombo da Rovagnate, Suor Maria Bagnini da Voltri, Suor Eufemia Machello da Daglio e Suor Natalina Parodi da Voltri.
La loro partenza per il Brasile fu più volte rimandata a causa delle cattive condizioni di salute della Madre, cosa che preoccupò le novizie missionarie che sarebbero state condotte colà da una donna di cinquantacinque anni dolorante al braccio e sofferente ai reni.
La data buona per la partenza fu il 6 Maggio 1899 e la comitiva monacale si imbarcò su un piroscafo con destinazione Rio de Janeiro. Da Rio la successiva tappa sarebbe stata Bahia e successivamente Pernambuco, ove le Cappuccine sarebbero state ospiti delle Suore Dorotee. L’ufficio doganale brasiliano si dimostrò particolarmente severo, tanto da costringere le suore, pur di non perdere un altro vapore, ad abbandonare i bauli contenenti le loro povere cose.
Le missionarie, “alleggerite dei propri bagagli”, ripartirono il 18 Maggio toccando Natal, Paraiba , Cearà per sbarcare infine a San Luiz do Maranhao.
Si trattò, per giungere alla destinazione finale, di un viaggio di 6.000 chilometri.
La mancanza di un battello fluviale che le portasse all’interno per la loro missione, prolungò la loro permanenza a San Luiz do Maranhao.
Comunque il viaggio verso l’interno riprese il 31 Maggio con destinazione Pedreida do Barra, seguendo il corso del Rio Mearim.
Per giungere a Barra do Corda dovettero affrontare cinque giorni a cavallo, ammorbate dalla grande calura durante il giorno, dall’umidità durante la notte e da una infinità di insetti che provocavano dolorosissime ferite sanguinolenti.
Il 24 Giugno, dopo venticinque giorni di viaggio infernale, giunsero finalmente alla penultima tappa prima di giungere a destinazione., Vennero accolte di fronte alla chiesa dal Reverendo Superiore, in compagnia di quaranta ragazzi indios, che disse loro: “Benedictus qui venit in nomine Domini”.
C’erano ancora da percorrere settanta chilometri, un cammino da percorrere in piena selva. Sembrava loro che più cammino si faceva e più ne restava.
Il 2 Luglio ebbe luogo la solenne cerimonia di inaugurazione dell’istituto indigeno femminile. All’inizio si presero cura di nove bambine indigene che ben presto divennero più di cinquanta.
Madre Rubatto si trattenne nella nascente missione per tre mesi cercando e riuscendo a scalfire, anzi eliminare, la iniziale diffidenza degli indios.
Anche il viaggio di ritorno della Madre risultò difficoltoso, ma le avversità vennero ben sopportate dalla gioia del buon lavoro svolto.
Si imbarcò sul vapore “Umberto” il 25 Ottobre 1899 e giunse a Genova l’11 Novembre. Non sapeva cosa avrebbe trovato al suo arrivo e, benché conscia della ostilità di qualche “personaggio” dei vertici cappuccini, era certa della sicura ed affettuosa solidarietà ed amicizia del Vescovo di Alberga Monsignor Allegro.
In Italia ma con il desiderio di bilocazione (1899-1900)
La preoccupazione principale della madre, soprattutto in questo soggiorno italiano, era la sopravvivenza e possibilmente il miglioramento delle case e …. Le capanne in Sud America. Doveva saper usare sapientemente sia il bastone che la carota, a volte blandire e a volte essere dura come l’acciaio. Oltre all’amicizia del Vescovo di Alberga Monsignor Allegro, il quale però continuava ad insistere su una sua presenza più costante in Italia, Madre Rubatto trovò, non senza esserne sorpresa, l’appoggio di Padre Pietro da Quinto, nuovo provinciale Cappuccino che ebbe a scrivere al Padre Generale: “La presente Madre Generale, fondatrice della Congregazione, è la più attiva ed instancabile, è colei che consacrò alla Congregazione tutto il suo pingue patrimonio, è la più fornita di costanza, di zelo e di magnanima intrepidezza …”.
La salute della Madre era fiaccata dai continui viaggi e dal clima insalubre respirato in Brasile, tanto che ebbe a scrivere a fine del 1899: “Quelle benedette febbri intermittenti del Rio Mearim continuano ancora a visitarmi e mi lasciano una tale debolezza che ……”. Il passaggio tra il XIX ed il XX secolo vedono Madre Maria Francesca essere a Sanremo, Voltri ed Alberga: A Febbraio la Liguria è colpita da una epidemia influenzale a causa della quale muoiono più di cinquanta persone al giorno; il fisico debilitato della Rubatto con poche difese immunitarie la costringono a letto per quindici giorni, ma quasi miracolosamente sopravvive e si riprende.
Il 9 Aprile, come previsto, vi fu la celebrazione del Capitolo di fondazione dell’ordine, e si procedette alla Elezione della Superiora dell’Ordine. A sorpresa si palesò una lettera sottoscritta da trenta suore nella quale dichiaravano essere contrarie alla rielezione di Madre Francesca, proponendo di sostituirla con Suor Serafina, istruttrice delle novizie.
Era una specie di “golpe interno”, ma in breve molte religiose dissero che le firme apposte erano state falsificate. Le votazioni si svolsero comunque in serenità, con le suore presenti in Sud America che avevano inviato le loro schede di preferenza direttamente al Vescovo di Alberga, ed il risultato fu la conferma di Madre Francesca.
Una data importante fu la terza domenica di ottobre, sacro allora alla festa della Purità di Maria Santissima; quel giorno 21 Ottobre 1900 vide la visita del Padre Generale dei Cappuccini alla casa Generalizia dell’Ordine a Genova. Era, di fatto, la consacrazione della completa accettazione, un vero e proprio atto di riconoscenza per l’enorme lavoro portato avanti con spirito si sacrificio ed abnegazione dalle “suorine” di Madre Rubatto.
Una notizia luttuosa, ma allo stesso tempo confortante, giunse da Montevideo. Le suore scrissero alla Madre che “ il Signore chiamò a sé la signora Sofia Heber Jackson” la quale aveva lasciato in eredità, al fine di costruire una Casa nel contro di Montevideo per l’Ordine, la considerevole somma di 25.000 pesos che al cambio erano più di 130.000 lire. Se si pensa che per la “Villa dell’Angelo” a Loano servirono circa 16.000 lire, si può ben capire il sollievo delle “suorine” nel poter costruire una casa comoda e adatta a una comunità religiosa. A quel punto, visto il relativo benessere di Montevideo, fu la Madre a bussare alla cassa scrivendo: “Mandatemi un po’ di denaro a Genova perché non ne ho proprio”.
A fronte della serenità per la Casa in Uruguay, quel 1900 portò, come contraltare, una grave epidemia infantile in Brasile che colpì particolarmente la zona dell’Alto Alegre ed in particolare la missione nel Maranhao. La scarsità di mezzi e persone comportò la morte per sfinimento di alcune religiose, cosa che addolorò grandissimamente la Madre, la quale si colpevolizzava di non essere là in un momento di così grande emergenza.
“Forte” nel dramma di Alto Alegre (1901-1902)
Il mese di febbraio del 1901 vede Madre Francasca gravemente ammalata, tanto che solo il 10 Marzo può scendere a fare la Comunione.
Quel 10 Marzo anticipava di tre giorni una tragedia. Infatti il 22 Marzo 1901 giunse un telegramma con il quale si comunicava che in data 13 Marzo gli indios avevano massacrato tutti i frati e tutte le suore di San Giuseppe della Provvidenza assieme a duecento nativi cristianizzati. Le suore uccise erano sette e la più anziana aveva solo 27 anni…. L’eccidio avvenne all’alba quando i cristiani erano radunati in chiesa, gli indios, indossando solo un tanga e con il corpo dipinto a strisce, uccisero per primo, con un colpo di fucile, il celebrante Padre Zaccaria e poi infierirono sugli altri fracassandogli la testa.
Il Sommo Pontefice Leone XIII esclamò: “Sono le primizie del secolo. Domani suffragheremo le anime dei novelli martiri. Intanto benediciamo l’Ordine, la Provincia di Milano e le Suore Terziarie Cappuccine …..”.
L’Ordine di Madre Rubatto ebbe quello che fu definito il “battesimo di sangue”.
Oltre al dramma brasiliano ci si mise anche il Governo laico dell’Uruguay a dare continue preoccupazioni, ponendo paletti ed ostacoli all’arrivo di nuovo personale religioso. Dopo l’intercessione del Console Generale e del Ministro Munoz, un modesto contingente di suore potè partire in soccorso delle Case in Sud America il 15 maggio 1901. Il 1901 e la prima metà del 1902 vedono Madre Rubatto impegnata, tra un acciacco e l’altro, nel lavoro di consolidamento delle Case in Liguria, benché la cagionevole salute le impedisse di fare frequenti viaggi.
Il 6 Maggio 1902 muore sua sorella Maddalena; la ex Marietta potè assisterla solo per breve tempo, vista la brevità della malattia, ma la Divina Provvidenza le consentì di raccoglierne l’ultimo respiro.
In ogni caso, il 16 Maggio 1902, la Madre è già in viaggio per Roma, con il cuore ancora lacerato per perdita della sorella ma con la gioia di poter incontrare il Cardinal Gotti, al fine di ottenere finalmente l’approvazione per le “Costituzioni” dell’Ordine.Nella lettera di presentazione delle “Costituzioni2 al “Beatissimo Padre” Madre Rubatto non mancò di far non velato accenno al martirio delle sue consorelle in Brasile. Ella si aspettava una rapidissima approvazione, ma va da sé che i tempi della Chiesa siano spesso lunghi ed irti di ostacoli, mentre si faceva più sovente riferimento ad un ritorno nel Maranhao di un altro contingente di suore dell’ordine Terziario. Quest’ultimo aspetto non entusiasmava particolarmente la Madre che temeva un ulteriore martirio di anime candide. A giugno il missionario cappuccino lombardo Padre Stefano comunicò alla Madre che il Padre Generale sarebbe stato contento se fosse stato accettato l’invio di otto suore in Brasile. Tra mille dubbi la partenza fu fissata il 28 Ottobre 1902 e Madre Rubatto, visti i quattro mesi di permesso ottenuti dai suoi superiori, decise di aggregarsi al gruppo.
L’ultimo viaggio verso …. L’altro vero mondo.
(ottobre 1902 – Aprile 1904)
Il giorno della partenza la Madre aveva la febbre a 39, ma nonostante le sollecitazioni a desistere, si imbarcò sul Maria Cristina. Il piroscafo partì il 30 Ottobre e giunse a Barcellona il 2 Novembre ed il 7 a Cadice. L’arrivo a Montevideo avvenne il 23 Novembre 1902. Iniziò un suo frenetico viavai tra la capitale uruguagia e le case in Argentina per riorganizzare e rafforzare lo spirito ed il morale delle consorelle.
Il 30 Giugno 1903 la Madre scrive a Monsignor Allegro per ottenere il permesso di allungare la sua permanenza in Sud America (permesso che sarebbe già scaduto da marzo) e lo ottenne. Affrontò con energia anche “l’argomento dissidi” insorti con i frati cappuccini e giunse fino ad offrire al Vescovo si Alberga le proprie dimissioni da Superiora qualora fosse la sua presenza a creare problemi.
La risposta fu lapidaria: “andate avanti e fate obbedienza”. In aggiunta, “come misura eccezionale” la Madre fu confermata in carica per un ulteriore triennio oltre la data prestabilita.
Un’altra spina doveva conficcarsi nel cuore di Madre Rubatto. Le “Costituzioni” (quelle che lei chiamava la “Regola”) non erano state approvate dalla Santa Sede e solo il 23 Aprile 1903 il Cardinal Ferrara scrisse all’Arcivescovo di Genova che per ottenere il Decreto di Lode e procedere poi all’approvazione delle “Costituzioni” serviva che venisse inviata alla Sacra Congregazione una relazione più completa specialmente quanto al numero delle suore ed alle occupazioni nelle diverse case. Dovevano inoltre produrre l’atto con il quale il Reverendissimo Padre Generale le riconosceva come Terziarie e che avrebbero dovuto modificare lo scopo restringendo l’assistenza ai malati negli ospedali ed ammettendo solo eccezionalmente l’assistenza domiciliare. Era una mazzata perché “l’assistenza agli infermi a domicilio” era stato il primo scopo per cui l’Ordine era nato.
L’attivismo di Madre Rubatto non subì certamente contraccolpi, tanto che l’8 Giugno 1903 progettava la nascita di una nuova Casa in Buenos Aires. Subito venne rifiutato il permesso da parte delle Autorità argentine, tale diniego fu ammorbidito purchè la casa fosse in posizione defilata ed inaugurata in silenzio senza “propaganda pubblica”. Il 31 Luglio 1903, di ritorno da Montevideo, la Madre e Suor Gaetana misero per la prima volta piede nella nuova Casa di Via Rioja. Il 1’ Agosto vi fu la visita del Vescovo Monsignor Espinoza il quale, vista l’estrema povertà, fece una donazione di 500 pesos.
Una seconda Casa venne fondata a Minas, nelle vicinanze di Montevideo, ove le suore entrarono il 1’ Gennaio 1904 ed una terza a Sastre nella regione di Rosario Santa Fè, a dir poco miserrima, inaugurata il 7 Febbraio 1904.
Nel frattempo, a Montevideo era scoppiata la rivoluzione e la situazione politica e sociale era notevolmente ingarbugliata e comportava, oltre ai rischi, notevoli perdite di tempo. In aggiunta l’8 Marzo ricevette una lettera con la notizia della morte, il 2 Febbraio, di Luigi, il suo ultimo fratello vivente.
Madre Francesca scende a Montevideo; inizia l’ultima stazione della sua Via crucis.
Il 6 agosto 1904 esalò l’ultimo respiro, presenti il reverendo Padre Damiano da Finalborgo e le sue suore.
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